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Cronaca

Ponte crollato in A14, disastro colposo: decine di indagati

La Procura di Ancona ha maturato la convinzione che lì, nel caso specifico di quel ponte, abbiano sbagliato in molti. Non uno, ma una sfilza di errori

Sono una 40ina, tra persone fisiche e aziende, gli iscritti sul registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sul ponte crollato in A14 che lo scorso 9 marzo ha ucciso Emidio Diomede e sua moglie Antonella Viviani. Oltre al reato di lesioni colpose (relativo agli operai feriti), per tutti l’accusa resta omicidio colposo, ma ora nel fascicolo si aggiunge anche un terzo capo di imputazione: disastro colposo

Il pm titolare dell'indagine Irene Bilotta continua ad indagare al massimo raggio d'azione, coordinando gli investigatori della Polizia Stradale delle Marche e della Guardia di Finanza, al lavoro in queste settimane per scalare la montagna formata dalle ditte che hanno avuto almeno un appalto, fosse anche il più irrilevante, all'interno dell'opera di soprelevamento del cavalcavia al chilometro 167 dell'Adriatica. Così la Procura di Ancona ha maturato la convinzione che in quel caso specifico, abbiano sbagliato in molti. Non uno, ma una sfilza di errori. A partire dai progetti ingegneristici, passando per le condizioni di sicurezza del cantiere, la taratura e le manutenzioni dei macchinari, fino all'ultima singola manovra dell’ultimo piano esecutivo. E se qualcuno ha sbagliato ad effettuare alcune manovre, gli inquirenti dovranno anche cercare risposta ad una domanda: chi ha sbagliato in fase esecutiva, lo ha fatto attenendosi correttamente ad un piano progettato male o quella manovra, di per sé errata, sarebbe stata sufficiente a far scivolare il blocco di calcestruzzo dai martinetti su cui era poggiato? Già, perché è da quei martinetti che parte l’analisi peritale di Luigino Dezi, del dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Architettura della Politecnica delle Marche, al lavoro per ripercorrere a ritroso le fasi immediatamente precedenti all’istante in cui un cric avrebbe cominciato a cedere, spostando la distribuzione del peso del ponte e portanto ad un'irrimediabile discesa in diagonale, fino al crollo.

«Uno spostamento di 2 centimetri del cavalcavia rispetto al giunto stradale». Lo hanno riferito gli operai della Delabech rimasti feriti nell’incidente alla Commissione d'inchiesta sugli infortuni sul lavoro del Parlamento, presieduta dalla deputata Camilla Fabbri. Un fatto mai emerso durante gli interrogatori dei tecnici della stessa azienda. Ecco perché, al fine di garantire la genuinità dell'acquisizione probatoria, si è imposta da una parte la secretazione della seduta e dall’altra l’invio della documentazione della Commissione agli Uffici della Procura della Repubblica di Ancona. Soprattutto ora, che mancano pochi giorni alla chiusura del cerchio, dopo di che prenderà il via il giro di interrogatori di garanzia. Forse si potrà sciogliere un altro dubbio, cioè quello che riguarda l'eventuale chiusura dell'autostrada perché, se è vero che non era obbligatorio per legge, é altrettanto vero che quel ponte aveva delle specificità, tali forse, è il dubbio della Procura, da richiedere precauzioni che andassero oltre i meri obblighi di legge. Lo aveva detto anche il legale dei familiari delle vittime, l'avvocato Vincenzo Maccarone del foro di Perugia: «Una responsabilità non per forza risponde a strette norme di legge, può rispondere anche a semplice prudenza e buon senso. Qui si potevano adottare diverse misure, per questo sono certo che non si potrà mai pensare ad una fatalità».

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