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Cronaca

Fatture false per riciclare denaro, arresti e sequestri nel casertano: controlli in decine di aziende marchigiane

L'operazione ha portato ad un sequestro di beni del valore di circa 35 milioni di euro tra ben immobili, auto di lusso (una Ferrari, una Porsche Cayenne e due Range Rover), rapporti finanziari e quote societarie

Fatture false per operazioni inesistenti relative alla fornitura di materiale edile. Da una parte c’erano le società cartiere intestate a prestanome compiacenti e altre società create al solo scopo di far circolare e riciclare i flussi finanziari, tutte nella zona della provincia di Caserta. Dall’altra c’erano centinaia di ditte in tutta Italia che effettuavano bonifici a fronte di quelle fatture false, in modo tale che i soldi, attraverso giri su conti correnti di un sistema costruito ad hoc, finissero nell’oblio del nero e fossero direttamente utilizzabili dalle aziende compiacenti per fini personali o semplicemente per evitare le tasse. Tra quelle ditte edili la Guardia di Finanza di Caserta ne ha in individuate 24 nelle Marche: 8 ad Ancona, 1 ad Ascoli Piceno, 1 a Fermo, 10 in provincia di Macerata e 4 nel pesarese. Tutte ditte beneficiarie di fatture false emesse dalla società criminali campane che hanno portato nella contabilità costi che, di fatto non hanno mai sostenuto, abbattendo così l’imponibile sul reddito e generando un nero che, secondo quanto stanno cercando di ricostruire le fiamme gialle, sarebbe stato utile agli imprenditori per loro acquisti perosnali o semplicemente per evitare la tassazione. Fatto sta che questa mattina 140 militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Caserta hanno dato esecuzione a 34 misure cautelari personali (10 custodie in carcere, 7 arresti domiciliari e 17 obblighi di dimora) disposte dal Gip del Tribunale di Napoli Nord nei confronti di due distinte associazioni criminali con base nell’agro aversano che in pochi anni ha emesso migliaia di fatture false a beneficio di 643 aziende edili con sede prevalentemente in Campania, ma anche nelle Marche, Toscana, Emilia Romagna, Lazio ed Umbria.

La notizia completa su CASERTANEWS: 4 arresti, false fatture e sequestro da 35 milioni

Giro d’affari e sequestri

L'operazione ha portato ad un sequestro di beni del valore di circa 35 milioni di euro tra ben immobili, auto di lusso (una Ferrari, una Porsche Cayenne e due Range Rover), rapporti finanziari e quote societarie. Le due consorterie criminali erano specializzate rispettivamente: nella sistematica emissione di fatture per operazioni inesistenti relative alla fornitura di materiale edile; nel riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego in attività economiche dei proventi illeciti dell’attività criminale, utilizzando a tale scopo gruppi di società “cartiere” intestate a prestanome compiacenti e altre società create al solo scopo di far circolare e riciclare i flussi finanziari. L’attività di indagine, eseguita col coordinamento della DDA di Napoli e Firenze, ha consentito di individuare 6 società “cartiere” con sede a Roma e nelle province di Lucca e Caserta che, secondo l’ipotesi accusatoria avvalorata dal gip, nel periodo 2009/2016 hanno emesso fatture per operazioni inesistenti per oltre 100 milioni di euro, a favore di 643 imprese beneficiarie della frode ed effettivamente operanti nel settore edile nazionale, prevalentemente in Campania, ma anche nelle Marche, Toscana, Emilia Romagna, Lazione e Umbria.

Video: operazione Restore, blitz della Finanza da Caserta alle Marche

Le società “cartiere”

Dalle indagini è emerso che le società edili, dislocate in diverse province italiane, per simulare l’effettività delle operazioni commerciali pagano il corrispettivo, tramite bonifici bancari, alle società “cartiere” riconducibili ai promotori delle due associazioni criminali, che di contro emettevano le false fatture di vendita. Successivamente le “cartiere” rimettevano le intere somme ricevute su conti correnti intestati ad altre ditte di comodo, le quali le trasferivano ulteriormente mediante operazioni di giroconto e ricariche postepay evolution, ai numerosi sodali addetti alle operazioni di prelievo. Tutto il contante prelevato, secondo la ricostruzione accusatoria, veniva poi consegnato ai promotori delle organizzazioni tramite alcuni referenti, “capi squadra” del riciclaggio. I promotori, trattenuta una percentuale per il “servizio” criminale reso (dal 12% al 22% dell’imponibile delle fatture emesse), restituivano sempre in contanti la restante parte agli imprenditori che avevano disposto i bonifici iniziali. Attraverso tale sistema fraudolento le società beneficiarie ed utilizzatrici delle fatture false hanno usufruito di indebiti risparmi d’imposta derivanti dalla contabilizzazione di costi fittizi, nonché della relativa Iva a credito, potendo inoltre disporre di fondi neri costituti dal denaro liquido.

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