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Cronaca

Una madre malata e una figlia senza futuro in Bangladesh, la storia di Alam: operaio morto in cantiere

Una madre malata, due fratelli morti prematuramente, uno invalido e una figlia al centro dei suoi pensieri. Questa è la storia di Alam Magbaul, l'operaio morto cadendo da un'impalcatura

Feni è una grande città del sud-est bengalese dove vive una bambina di 6 anni. Aspettava che il suo papà venisse a prenderla per portarla ad Ancona, ma non lo vedrà mai più. In quella stessa città c’è un uomo che non può lavorare perché una seria invalidità al braccio glie lo impedisce, viveva con i soldi che suo fratello gli mandava ogni mese dall’Italia. Forse chiederà l’elemosina. A Feni c’è anche una 72enne inchiodata a letto da una malattia. Aveva perso due dei quattro figli e morirà piangendo il terzo. A Feni, 41 anni fa iniziò la storia di Alam Magbaul, finita ad Ancona  il 13 novembre scorso quando un’impalcatura all'interno dei cantieri Isa ha ceduto. 

La storia di Alam

Alam era arrivato in Italia sette anni fa. A spingerlo così lontano da casa erano state due cose: la fame e la necessità di mantenere una famiglia già provata da diverse tragedie e difficoltà. Era l’unico che poteva farlo. Sua madre provata dalla malattia e dalla perdita di due figli avvenuta diversi anni fa. Uno se l’è portato via un tumore, l’altro un caso di cronaca violento. Suo padre ha più di 80 anni e suo fratello, l’unico che gli era rimasto, ha una gravissima disabilità al braccio che non gli permette di lavorare. Alam lascia una moglie e una figlia di 6 anni e i suoi pensieri erano tutti per la piccola. Gli amici lo vedevano piangere spesso: «Alam, cosa c’è?». La risposta era quasi sempre la stessa: «Penso a mia figlia, è troppo lontana, mi manca tanto». L’aveva vista l’ultima volta un paio di mesi prima dell’incidente che gli è costato la vita dopo tre settimane di agonia. Era tornato in Bangladesh per visitare la mamma e in quell’occasione aveva potuto abbracciare gli altri suoi affetti più cari. Prima di tornare in Italia aveva promesso per l’ennesima volta a moglie e figlia che un giorno le avrebbe portate ad Ancona. Sarebbe successo prima o poi, giusto il tempo di ingranare con il lavoro e trovare un’occupazione stabile. Invece no, a tornare in Bangladesh domenica prossima sarà la salma di Alam. 

Le tappe a Roma e Ancona 

La prima tappa italiana dell'oepraio bengalese era stata Roma, ma dopo qualche mese alcuni conoscenti lo avevano accolto ad Ancona. Tra loro c’è Md Dulal, rappresentante della comunità bengalese per le Marche. Le premesse per una perfetta integrazione c’erano tutte. La casa di Corso Carlo Alberto, certo, era molto diversa da quella di Feni e la famiglia era lontana più di dieci ore di volo (compreso lo scalo a Istanbul). Soffriva Alam, ma quella lontananza era un problema che con il tempo avrebbe potuto sistemare. Aveva girato diverse aziende nel settore della cantieristica per assicurare alla madre le cure necessarie e poter avviare le pratiche utili al trasferimento di moglie e figlia in Italia. Doveva solo tenere duro. Non aveva hobby, né interessi particolari, la sua vita era diventata una missione. Il destino non gli ha permesso di compierla. Stava dipingendo lo scafo di una barca il 20 ottobre scorso quando un incidente sul lavoro lo ha ferito gravemente mandandolo in coma. Poi il decesso. 

La notizia della morte 

Ai soccorritori la situazione di Alam era subito apparsa quella più grave. Nel letto di Torrette ci è rimasto 24 giorni. «Lo stesso 20 ottobre io e gli altri suoi amici abbiamo spiegato alla moglie che Alam aveva avuto un incidente, ma tutti i suoi parenti laggiù erano disperati. Pensavano che fosse morto e che noi stavamo tutti mentendo, invece cercavamo di dare loro speranze, quelle che avevamo anche noi» racconta l’amico Dulal. Lunedì scorso quelle speranze si sono spente. «Quando è morto ho chiesto a mio fratello che vive in Bangladesh di andare dai suoi famigliari e spiegare loro che Alam non c’era più. Ho preferito non dirlo io al telefono, anche perché conoscevo la situazione dei suoi genitori. Alam era una persona seria, guardava solo la sua famiglia». L’ultimo viaggio di Alam, quello di ritorno, è quasi pronto. Dulal aspetta le ultime formalità burocratiche dall’ambasciata, domenica ci sarà il saluto all’obitorio di Torrette e poi la salma volerà in Bangladesh. La magistratura intanto sta facendo luce su quello che è successo nel capannone di via Enrico Mattei, ma questo è l’epilogo ancora tutto da scrivere di una storia dolorosa. Quella di Alam, l’operaio di Feni. 
 

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