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Cronaca

Riccardo Tesio dei Marlene Kuntz: "al festival per ritrovare gli amici e il calore"

Renderanno uniche le immagini sullo schermo con le loro musiche: la band italiana si esibisce in più di un'occasione al festival dedicato alla musica rock italiana degli anni '90

Con oltre dieci album in studio e oltre vent’anni di carriera alle spalle, i Marlene Kuntz sono una delle band ospiti al festival La mia generazione (da giovedì 13 a domenica 16 settembre). Riccardo Tesio, chitarrista e co-fondatore del gruppo, racconta i gusti, i progetti e i sogni di questo gruppo che ha segnato definitivamente la storia della musica italiana con canzoni e collaborazioni indimenticabili.

Riccardo, la musica rock italiana degli anni ’90 sono il tema centrale del festival La mia generazione. Ci può citare un momento particolarmente significativo di questa decade? 
«Sono successe tantissime cose, forse uno dei momenti più memorabili è stato quando Giovanni Lindo ferretti, leader dei CCCP, ci ha telefonato nel 1994 perché aveva sentito in anteprima il nostro primo disco Catartica. Ecco, quello è stato un momento di svolta e abbiamo capito che stava veramente succedendo qualcosa»


Che differenze nota tra il pubblico di quel periodo e quello di oggi?
«Negli anni ‘90 c’era un’attenzione particolare verso la nuova musica italiana: il pubblico era curioso, appassionato e veniva ai concerti partecipando all’happening anche senza conoscere il cantante o il gruppo. Se andavi a suonare in un posto la gente ti ascoltava. Poi, intorno agli anni duemila fino al duemila quindici, c’è stata una parabola discendente e le persone avevano molto meno interesse verso i concerti. Molti locali hanno smesso di fare musica dal vivo e c’era meno proposta. Ultimamente credo che si stia tornando un po’ alle origini. Spero si prosegua in questa direzione»

Che idea ti sei fatto di questo festival? 
«Abbiamo accettato subito. E’ un evento molto interessante e ci sono tanti tipi diversi di eventi. Noi andremo a sonorizzare due film muti e due documentari del regista Jean Painlevè, ma ci sono anche incontri, deejay set e tanti altri appuntamenti concentrati in pochi giorni. Poi, per quanto mi riguarda, è un’occasione speciale per rincontrarsi fra vecchi amici e colleghi. Ci conosciamo tutti e sarà bello rivedersi e ricordare quei meravigliosi periodi».


Dopo anni e anni di concerti che idea si è fatto delle Marche e di Ancona sotto questo punto di vista?
«Le Marche sono un posto molto attivo dal punto di vista culturale, abbiamo amici, fotografi e grafici di grande talento che hanno collaborato e collaborano ad oggi con  noi. Anche dal punto di vista del pubblico c’è una bella aspettativa e sicuramente molto più rispetto ad altre regioni c’è la possibilità di spaziare tra eventi d’arte, mostre e concerti».

In Italia c’è del fermento musicale indie in questo periodo. Come la vede? 
«Sono contento che ci sia un nuovo gruppo di musicisti e cantanti che non nascono necessariamente dai talent, questo lo reputo un aspetto positivo. Molti di questi artisti non mi piacciono dal punto di vista testuale, ma ognuno ha i propri gusti. Reputo Francesco Motta una delle belle e rare eccezioni in questo panorama nazionale»

Prima si parlava di film e musica. Oggi che genere di rapporto c’è tra queste due arti? 
«Sono sempre state due cose legate strettamente tra loro. Ci sono dei film che hanno beneficiato di colonne sonore importanti (ad esempio le pellicole di Sergio Leone e le musiche di Ennio Morricone) e ci sono attimi e immagini che arrivano al pubblico soprattutto grazie alla musica, penso ai film horror: senza la musica non sarebbe la stessa cosa quel momento di ansia, paura o terrore. Noto che in questi ultimi anni c’è la tendenza di gruppi e cantanti anche famosissimi a partecipare a colonne sonore: penso a Suspiria, remake del 2018 presentato a Venezia, con la colonna sonora di Tom Yorke dei Radiohead o a Nick Cave che ha partecipato a diversi progetti cinematografici»

E i Marlene Kuntz? A quando una colonna sonora tutta loro?
«Quest’idea mi diverte molto. Stiamo lavorando in questo senso, chissà, sarebbe un bellissimo traguardo»

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