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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Marche, dove le mafie hanno basso profilo ma ci sono: «E' necessario parlarne»

Libera presentata la ricerca sulla percezione e presenza delle mafie e della corruzione nelle Marche. Al via il viaggio LiberaIdee in tutta la regione con incontri, seminari, laboratori e altri eventi

Una regione dove la politica viene vista come di una sfera “altra” rispetto al proprio vissuto quotidiano, un tema sul quale ci si informa ma senza partecipazione diretta. Si riduce anche la tendenza all’associazionismo: circa quattro su dieci non aderisce ad alcuna associazione, mentre la maggior parte di chi si attiva su questo fronte dedica il suo tempo soltanto a una realtà associativa. Una regione dove la mafia viene percepita come fenomeno marginale ma dove la corruzione è abbastanza diffusa nella percezione e nelle esperienze dei cittadini. Con una sfiducia soprattutto nei confronti di membri del governo e del Parlamento e dei partiti e dove chi potrebbe o dovrebbe denunciarla ha paura delle conseguenze o sfiducia nelle istituzioni. La fotografia sulla percezione e presenza delle mafie e della corruzione nelle Marche è stata scattata da Libera che ha presentato il rapporto LiberaIdee, una ricerca sociale su 300 questionari pari al 2,9 del campione nazionale a Senigallia l'altro giorno. 

«Il rapporto – ha detto Sergio Sottani, procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Ancona (foto a sinistra) – ha aspetti interessanti. Le sergio sottani-2Marche sono una regione che per alcune sue caratteristiche economiche e sociali risulta appetibile per la criminalità organizzata, in particolare per l’attività di riciclaggio. Una mafia dunque di basso profilo, difficile da leggere e da individuare. Un fenomeno che non va né minimizzato né enfatizzato, ma capito nei suoi processi e nella sua capacità di confondersi. E per capirlo è necessario parlarne. Quindi ben vengano iniziative come quelle organizzate da Libera, cui sono lieto di dare il mio contributo».

La politica

L’autocollocazione politica dei rispondenti nella Marche vede prevalere coloro che non si riconoscono nella tradizionale ripartizione tra destra e sinistra (42,8 %) e, a seguire, gli appartenenti al centro-sinistra (41,4%). Emerge con forza una concezione della politica come di una sfera “altra” rispetto al proprio vissuto quotidiano, un tema sul quale ci si informa ma senza partecipazione diretta: soltanto il 13,7% dei rispondenti si ritiene politicamente impegnato, mentre il 44,7% dice di tenersi informato ma senza partecipare. 

Partecipazione e associazionismo

Circa quattro rispondenti su dieci non aderisce ad alcuna associazione, mentre la maggior parte degli associati dedica il suo tempo a uno specifico gruppo. Tra questi, prevalgono quelli culturali (29,6,6%), sportivi (25%) e di volontariato sociale (23,8%).

Globale è locale 

Il fenomeno mafioso è percepito da tre intervistati su quattro come un fenomeno globale. Nelle Marche la mafia è vista come fenomeno preoccupante e socialmente pericoloso solo dal 18,7% degli intervistati, mentre ben il 48% ritiene la mafia un fenomeno marginale. Secondo i rispondenti, tra le attività principali della mafia nelle Marche vi sono il traffico di stupefacenti (70%) e, a seguire lo sfruttamento della prostituzione (31,8%) e lavoro nero (30,8%). Altra attività indicata come tipica delle mafie sul territorio è la corruzione dei dipendenti pubblici. Tra i fattori sociali considerati rilevanti per l’adesione a gruppi mafiosi spiccano da un lato il ruolo della famiglia e del contesto di riferimento, dall’altro, le difficoltà economiche e in ambito lavorativo. Guardando alle motivazioni individuali che spingono un individuo ad aderire alla mafia, prevale tra i rispondenti l’idea che l’affiliazione mafiosa sia legata alla possibilità di ottenere guadagni facili e in seconda battuta la ricerca del prestigio e potere. 

Corruzione

La percezione della diffusione complessiva della corruzione nelle Marche risulta più moderata rispetto al campione nazionale. Sebbene quasi la metà degli intervistati ritenga che la corruzione sia abbastanza presente nel territorio regionale, risulta infatti molto più contenuta la quota di coloro che ritengono questa pratica molto diffusa (8,0% a fronte del 25,9% nel campione nazionale). Un rispondente marchigiano su quattro dichiara di conoscere personalmente o di aver conosciuto in passato qualcuno coinvolto in pratiche corruttive (aver ricevuto o aver offerto tangenti e/o favori indebiti). E’ la sfera politica il principale bersaglio selettivo della sfiducia: il coinvolgimento nella corruzione viene considerato significativo nei confronti di membri del governo e del Parlamento (54%) e dei membri dei partiti (45,3%). A seguire quindi i funzionari pubblici che assegnano gli appalti (38,7%). Viene inoltre segnalato in misura superiore alla media nazionale un presunto coinvolgimento di esponenti delle forze dell’ordine (18,7%), in particolare da parte dei più giovani. I motivi principali per cui gli episodi di corruzione non vengono denunciati, scelti tra una rosa ampia di possibilità (potendone selezionare fino a tre), sono primariamente il timore per le conseguenze della denuncia e la rassegnazione determinata da una presunta inutilità della denuncia, la convinzione che la corruzione sia difficile da dimostrare e la paura che l’intero sistema sia corrotto, compresi coloro che dovrebbero raccogliere la segnalazione. 

Mafie straniere

Quattro rispondenti su dieci ritengono che nelle Marche vi sia la presenza di organizzazioni criminali di origine straniera con caratteristiche similari alle mafie tradizionali italiane. Molto ampia è poi la percentuale di coloro che dichiarano di non essere in grado di prendere posizione sul tema. Tra coloro che rispondono in modo puntuale alla domanda sul tipo di criminalità straniera presente nella regione prevale l’indicazione molto consistente della mafia di origine balcanica (22%) e a seguire la mafia albanese e quella cinese.

Beni confiscati

Nella maggior parte dei casi, quasi due rispondenti su tre, gli intervistati sanno che i beni che sono stati confiscati vengono poi dati in uso per fini istituzionali o sociali. Ciò nonostante, la conoscenza dell’esistenza di uno o più beni confiscati nelle Marche è poco diffusa: meno della metà dei rispondenti ha informazioni al riguardo. Nella grande maggioranza dei casi – quasi otto su dieci – i beni confiscati sono percepiti come una risorsa per il territorio, capace di portare benefici all’intera comunità locale. Per quel che concerne le opinioni relative a quale debba essere l’utilizzo dei beni confiscati, secondo i rispondenti dovrebbero essere destinati in misura prioritaria a cooperative orientate all’inserimento lavorativo dei giovani (29,7%), alla realizzazione di luoghi pubblici di aggregazione e di educazione alla cittadinanza (23,3%). 

Con la  ricerca è stato presentato anche il programma del viaggio LiberaIdee, che porterà fino al 28 febbraio  in tutte le province marchigiane i dati raccolti attraverso incontri, seminari, laboratori, flashmob, spettacoli teatrali. Il programma completo è consultabile sulla pagine facebook  Libera Marche. «Con la presentazione della ricerca – afferma la referente regionale di Libera Marche Paola Senesi -inizia il viaggio di LiberaIdee nelle Marche che fino al 28 febbraio attraverserà tutta la regione con incontri, seminari, laboratori, spettacoli teatrali, attività sportive per animare un dibattito locale che, a partire dai dati, ha l’obiettivo di riscrivere l’agenda dell’associazionismo in tema di mafie e corruzione, al fine di costruire una comunità coesa e consapevole con il coinvolgimento di tutti i cittadini».

«Il rapporto LiberaIdee – commenta il vicesindaco Maurizio Memè - contiene dati molto interessanti e utili a comprendere la percezione dei cittadini della nostra regione rispetto ai temi delle mafie, della corruzione e dell’associazionismo. In particolare mi hanno colpito due aspetti. Il primo è il dato relativo alla corruzione: un marchigiano su quattro di coloro che hanno risposto al questionario dichiara di conoscere personalmente o di aver conosciuto in passato qualcuno coinvolto in pratiche corruttive. Il secondo è quello relativo alla sfiducia manifestata nei confronti delle istituzioni: il coinvolgimento nella corruzione viene infatti considerato significativo nei confronti dei membri del governo e Parlamento e dei membri di partito rispettivamente dal 54 o 45% degli intervistati. Si tratta di un segnale inquietante, comunque la si pensi, la spia di un rapporto compromesso tra amministratori e amministrati, di una fiducia da riconquistare. Un altro dato che mi ha colpito, poi, è quello dell’associazionismo, dato fondamentale del nostro tessuto sociale ed elemento qualificante della coesione sociale all’interno della nostra regione. Circa quattro su dieci hanno infatti detto di non aderire ad alcuna associazione. A me pare un possibile sintomo di quella disgregazione sociale, di quella frammentazione, di quella tentazione a vivere isolati in una realtà tutta propria e spesso virtuale che tendono a diventare le malattie più pericolose della nostra contemporaneità».

«Per la ricerca – spiega Stefano Busi della presidenza nazionale di Libera – ci siamo affidati ai nostri iscritti, i quali sono anche i protagonisti del viaggio iniziato lo scorso ottobre, che oggi con le Marche tocca la tredicesima regione, per raccontare i risultati raccolti e riflettere su di essi nei vari contesti territoriali. Ovviamente il lavoro non si esaurisce qui: una volta completato il viaggio per l’Italia saremo pronti a ripartire più forti, determinati e consapevoli di prima, per costruire una società alternativa alla mafia e alla corruzione».

«Siamo consapevoli – aggiunge il presidente dell’Assemblea legislativa delle Marche Antonio Mastrovincenzo – che da questo punto di vista la nostra regione non è più un territorio felice. Non sottovalutiamo dunque gli appelli che ci arrivano, proprio come nel caso di quelli che provengono da Libera, e oltre agli interventi legislativi ci adoperiamo per sensibilizzare la cittadinanza e per lavorare in particolare con i giovani, anche al fine di colmare la distanza che li separa dalla politica e dall’Amministrazione pubblica».

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