Schiaffi alle figlie, «Non è maltrattamento»: padre assolto
Per il giudice «il fatto non sussiste». A processo era finito un 52enne accusato di avere più volte alzato le mani sulle due sorelle
ANCONA – Era accusato di aver picchiato le figlie, a volte anche solo perché non lavavano i piatti a casa. «Papà lo faccio dopo» e lui giù botte a quelle che all'epoca dei fatti erano ancora poco più che delle bambine. L'uomo, un 52enne di origine napoletana ma residente a Chiaravalle, era accusato di maltrattamenti in famiglia ma il giudice Carlo Cimini lo ha assolto «perché il fatto non sussiste». La sentenza del tribunale dorico è arrivata alcuni giorni fa, dopo l'esame in aula dell'imputato, e le motivazioni usciranno tra 30 giorni. I soprusi contestati erano emersi a settembre del 2015 quando in casa erano intervenire i carabinieri. L'uomo avrebbe prima preso a schiaffi, in strada, la sorella più piccola, 14enne all'epoca e oggi 21enne, dopo che aveva fatto una bravata. La ragazzina aveva scavalcato la recinzione di un passo carrabile della polizia locale e il padre l'aveva rimproverata duramente. Era volato anche uno schiaffo e la figlia era rimasta ferita al volto con un anello tagliente che l'uomo indossava. Una volta tornati a casa si sarebbe sfogato anche con la figlia più grande, all'epoca 17enne e oggi 24enne. Il racconto era stato fatto in aula, durante il processo, in una udienza che si è tenuta a fine ottobre. «Quel giorno mi ha preso a calci – aveva riferito la figlia – sulle gambe, poi mi ha sbattuta sul muro io ho preso uno sportello della cucina che era aperto, sullo spigolo. Io ero la sua figlia cattiva». Nell'abitazione erano intervenuti i carabinieri ed è stato lì che la 24enne aveva raccontato di aver inventato una scusa per i lividi che aveva, parlando di una caduta dalla bici. La mamma delle ragazzine non sarebbe mai intervenuta sugli episodi e non avrebbe mai saputo spiegare alle figlie i comportamenti del marito. Poi sarebbero avvenuti altri episodi e solo allora la figlia grande aveva deciso di denunciare il padre. In aula era stata sentita anche la figlia più piccola ma aveva parlato di un padre «presente e premuroso» che l'avrebbe picchiata «solo perché avevo fatto una cavolata, avevo scavalcato un passo carrabile della polizia». L'imputato, difeso dall'avvocato Giuseppe Cutrona, aveva sempre respinto le accuse.