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Cronaca

Amori criminali, fu accoltellata sotto casa dal fidanzato: intervista ad Antimina Cesarano

Antimina Cesarano ha accettato di parlare in esclusiva con Ancona Today in merito all'aggressione subita dall'allora fidanzato che le stava per costare la vita. Ha parlato della sua esperienza e del femminicidio come conseguenza estrema di uno squilibrio all'interno della coppia

C’è un’insalubre fragilità in chi, di fronte ai sintomi di un amore sbagliato, preferisce non vedere. Preferisce subire quelle violenze psicologiche, fisiche ed economiche, che oggi vedono quasi sempre vittime le donne ma che, anche a parti invertite, possono generare amori criminali. E’ successo così ad Antimina Cesarano, la 43enne di Osimo aggredita il 23 agosto 2013. Erano le 5 del mattino quando uscì per andare al lavoro. Dalla penombra di una viuzza ancora al riparo dai primi raggi di sole, sbucò lui: il suo fidanzato. L’uomo tirò fuori un coltello di 20 centimetri e le sferrò un fendente in pieno petto e poi tentò di strangolarla. Secondo il pm del processo, lui aveva premeditato di ucciderla. Non ci sarebbe riuscito solo grazie all’intervento della sorella e del nipote della vittima. Un’esperienza terrificante per Antimina, morta e risorta quello stesso giorno. Solo il tempo e un percorso psicologico hanno reso possibile metabolizzare, comprendere come quelli non fossero gesti d’affetto, ma segnali di un non amore in cui Antimina aveva investito 15 anni della sua vita. Ricorda tutto lei: derisioni, molestie, insulti, denigrazioni, l’isolamento dagli affetti, la gelosia, l’ossessione, le minacce e la sopraffazione. E poi la violenza più difficile da percepire come tale, cioè quella economica, quando lui limitava l’accesso alle finanze familiari, boicottava I successi sul lavoro, si appropriava dei risparmi. Antimina ha subìto tutto questo, fino al giorno in cui ha pensato che non voleva morire così, sotto il peso di quell’uomo freddo e apatico. Si è salvata, ha ricominciato e si è costituita parte civile tramite l’avvocato Federica Battistoni (in foto). Oggi Antimina cerca di riguadagnarsi la voglia di vivere di un tempo. Sono passati due anni. Federica Battistoni copia-2Dimenticare la morte non è facile.

Le cronache riportano di troppe donne morte per la gelosia di uomini. Lei Antimina Cesarano sarebbe potuta essere una quelle, se ne rende conto?

Ogni volta che sento di un caso di femminicidio mi ci riconosco e penso sempre di essere stata fortunata rispetto a tante altre, rivivo sulla pelle quel giorno e sento ancora il rischio di morire.

Ma come si può arrivare ad un tale odio, al punto da punire una donna con la vita? 

Dopo quel giorno ha avuto modo di fare un percorso di recupero con l’associazione Donne e Giustizia. Lì ho capito come per anni avessi sempre sottovalutato piccole cose, per abitudine, per il quieto vivere, ma che in realtà erano dei segnali. Nel mio caso nacque tutto da un rapporto squilibrato in cui c’è una persona che decideva e l’altra che subiva. Lui riusciva a farmi sentire incapace, colpevole, mi insultava. Io sapevo che sbagliava ma tacevo perché poco dopo finiva e non gli davo peso. Solo poi ho capito quanto fosse grave rompere un oggetto durante un litigio o fare continue telefonate per sapere dove fossi o peggio ancora uno schiaffo. Nell’ultimo anno era diventato intrattabile perché rimase senza lavoro e non accettava che io ce l’avessi. Invece di appoggiarmi nei miei piccoli successi, mi derideva perché non voleva sentirsi in una condizione di inferiorità che, nella sua testa, era il mio posto naturale.

Ma possibile che lei non avesse mai sospettato che lui potesse essere così violento?

Io una cosa del genere non l’avrei mai pensata. L’unica cosa che ricordo è che pochi giorni prima dell’aggressione, in una delle sue esplosioni di ira, mi versò addosso una bottiglia d’acqua per non picchiarmi e mi disse che se non me ne fossi andata via, gli avrei fatto passare un guaio. Avevo cominciato a temere qualche schiaffo, ma mai un’aggressione vera e propria.

Cosa direbbe alle donne che magari oggi stanno vivendo lo stesso calvario?

Cercate di instaurare un rapporto alla pari con il partner, l’uomo non deve per forza prevalere e nel momento in cui ci si accorge che non va, si deve troncare la relazione. E’ meglio un strappo doloroso piuttosto che vivere a metà a tutti i costi. Noi sbagliamo soprattutto quando pensiamo di poterle cambiare le persone, di poterle giustificare, ma non è così.

Sono passati due anni da quel giorno, come vive il presente e cosa vede per il suo futuro?

Ho paura di non riuscire più a fidarmi di un uomo anche se lo vorrei, ho paura di non riuscire a vivere una storia di amore e se dovessi amare di nuovo una persona, ho paura che questa possa restare intrappolata in questa vicenda che va avanti a livello giudiziario. Per fortuna c’è una famiglia che mi è sempre stata vicino. 

Oggi sarebbe disposta a perdonarlo?

Oggi per lui provo solo pena, niente rabbia, quella forse non l’ho mai provata. Lui non ha mai chiesto scusa per cui il problema non me lo pongo.

Che cosa farebbe se lui dovesse uscire dal carcere?

Ho ancora paura di quell’uomo. Se lui dovesse uscire, credo che prenderò delle precauzioni per difendermi perché da Osimo non me ne posso andare, qua ho tutto: il lavoro, la casa, la famiglia. Non so come cambierà la mia vita quando lui tornerà libero, ma sono sicura che un domani non vorrò mai più nascondermi. 

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