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Cronaca Fabriano

Fabriano: Indesit annuncia 1425 esuberi, la città sotto choc

Nel solo impianto di Fabriano i lavoratori "non più necessari" sono 480. I sindacati sul piede di guerra hanno indetto 4 ore di sciopero in tutti gli stabilimenti. Silenzio dal quartier generale dei Merloni

"Mancava solo la Indesit, adesso non c'é più speranza per questa città". Fabriano, polo industriale della meccanica e fino a qualche anno fa città fra le più "ricche" delle Marche, è sotto choc per l'annuncio della multinazionale tascabile del bianco, che dichiara una forte riduzione della produzione in Italia e 1.425 esuberi e chiude uno dei due stabilimenti fabrianesi, quello di Melano.
Nel dettaglio gli esuberi riguardano 25 dirigenti e 150 impiegati di staff, più 480 lavoratori a Fabriano, 230 a Comunanza (Ascoli Piceno), 540 a Caserta.
Immediata la reazione di Fiom, Fim e Uilm: hanno indetto 4 ore di sciopero in tutti gli stabilimenti e invocano un intervento del Governo perché "lo smantellamento di un altro pezzo di industria italiana è inaccettabile".
"Lo stesso dove mio padre ha lavorato tutta la vita" ricorda il sindaco Giancarlo Sagramola, "l'impianto visitato nel 1991 da papa Giovanni Paolo II, una fabbrica che venne aperta nel segno del futuro e dell'innovazione".

A Fabriano, come si è detto,  la forza lavoro in esubero è contabilizzata in 480 addetti, cui vanno aggiunto i dirigenti e gli impiegati di staff (150 unità circa). Al sindaco la società ha assicurato, riferisce il primo cittadino, che "farà il possibile per trovare un accordo con il sindacato in modo da non lasciare a casa nessuno, così come anche "la riqualificazione della fabbrica storica di Albacina, con tutto ciò che ne consegue in termini di investimenti e tutela dell'occupazione".
Ma dopo il 'terremoto' dell'Antonio Merloni, una delle aziende elettrodomestiche fondate dalla famiglia Merloni, caduta sotto i colpi della crisi del contoterzismo, la 'bomba' Indesit è scoppiata, e all'uscita dalle fabbriche, dalle scuole, nei bar, non si parla d'altro.

I LAVORATORI. "Circolavano tante voci, alcune sembravano esagerate, ma alla fine la notizia è peggiore delle ipotesi: di solito accade il contrario" il commento di un operaio Indesit. "Non sappiamo a chi toccherà - gli fa eco un impiegato, tutti e due con la richiesta di restare anonimi -, di certo tutti i settori e gli uffici verranno toccati e quindi c'é veramente tanta paura per quello che accadrà nelle prossime settimane". "Sono sgomento: il mio reddito già quasi non bastava per andare avanti. Adesso spero solo che non tocchi a me, perché non saprei proprio come fare" è lo sfogo di un'altra tuta blù.
Molti quelli che preferiscono non rispondere, o che mettono sul banco degli imputati la politica: "questo è il vero terremoto, peggiore di quello del 1997: non so se la città saprà uscirne, come invece è riemersa dal sisma del 1997".
Disorientato, quasi in lacrime un pensionato che nello stabilimento di Melano ha trascorso tutta la vita lavorativa: "Non ci posso credere, mi pare impossibile. Melano ha rappresentato tutto per me e per i miei colleghi, alcuni dei quali non ci sono più. Non posso immaginare lo stabilimento chiuso".

I SINDACATI. "Una situazione tragica" per Vincenzo Gentilucci, sindacalista della Uilm Uil. "Non c'é futuro in Italia per il settore, con lo spostamento delle produzioni di elettrodomestici con la carica dall'alto, la bassa gamma ed i piani di cottura". "Metteremo in campo tutte le iniziative per far recedere l'azienda dai suoi propositi". A partire da oggi: a Melano e Albacina sono previste assemblee di fabbrica, con possibili azioni di protesta immediate.
Secondo Andrea Cocco, della Cisl, ai sindacati è stato prospettato "esclusivamente un ridimensionamento, non c'é un piano industriale. Si tratta di una dismissione delle produzioni, che andranno a finire in Polonia e Turchia e questo per noi è inaccettabile a fronte di interventi che sono deboli dal punto di vista industriale per l'Italia".
Drastico Fabrizio Bassotti, della Fiom Cgil: "dobbiamo respingere con tutte le forze un piano che è fatto solo di licenziamenti e delocalizzazione. E' un bagno di sangue, in un territorio già martoriato". Il vescovo, mons. Giancarlo Vecerrica, a Roma per l'udienza dal Papa, richiama l'attenzione "sulle persone e le famiglie: non siano lasciate da sole in questo momento". Quanto all'Indesit, "il gruppo è stato importante per il territorio, ma ha anche saputo trarre benefici: oggi trovi il modo di ridare qualcosa a questo territorio".

I MERLONI. Dal quartier generale Indesit nessun commento della famiglia Merloni, e non parla neppure l'ad e neo presidente Marco Milani, che il 7 maggio scorso ha sostituito Andrea Merloni alla presidenza del gruppo. Una nomina espressa dalla cassaforte di famiglia Fineldo (che possiede oltre il 43% delle quote di Indesit), che sembrava aver messo la parola fine ai rumors su profonde divergenze sulle strategie future della società fra i figli di Vittorio Merloni, in particolare Andrea e Maria Paola, deputata di Scelta civica. "Siamo una società italiana e restiamo in Italia" aveva detto Milani, "anche se è penalizzante competere con concorrenti che producono in altri Paesi a prezzi più bassi". Ieri la doccia fredda, che la Borsa, come avviene spesso in questi casi, ha salutato con un rialzo del titolo Indesit, mentre a Fabriano, Caserta e Comunanza si preparano assemblee sindacali iniziative di protesta "durissime".

IL VESCOVO. Desidero che in questa vicenda ci sia attenzione alle persone e con loro alle famiglie, che non siano lasciate da sole ma che siano aiutate in questo momento". Così il vescovo di Fabriano mons. Francesco Vecerrica, raggiunto telefonicamente a Roma, dove si trovava per l'udienza papale del mercoledì. Il secondo aspetto - dice all'ANSA il presule, sempre dalla parte dei lavoratori nelle varie vertenze nel Fabrianese - è "l'attenzione al territorio. Indesit è stata importante per questo territorio, ma da esso ha anche saputo trarre benefici, che oggi trovino il modo di ridare qualcosa a questo territorio".

Fonte: ANSA

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