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Cronaca Jesi

Documenti falsi per il permesso di soggiorno, migranti ospiti in case fantasma: una denuncia

Davanti ai poliziotti i migranti sospettati di usare documenti falsi non erano neppure in grado di riconoscere le abitazioni nelle quali dichiaravano di essere ospitati

Sulla carta abitavano in una casa di Jesi e una di Monsano. Nei fatti però non solo non conoscevano le città in questione, ma accompagnati sul posto dai poliziotti alcuni di loro non sapevano neppure riconoscere l’immobile dove risultavano ospitati. Quelle false documentazioni presentate in Comune servivano solo per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per 21 extracomunitari provenienti dall’Africa centrale. Il regista dell’operazione è un 40enne del Burkina Faso, regolare sul territorio italiano, denunciato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dagli agenti del commissariato di Jesi.

L’uomo, secondo quanto ricostruito dagli agenti, aveva un tornaconto economico ma quanto chiedeva e quanto riusciva effettivamente ad intascare dalla messa in scena è tuttora oggetto di indagine. Gli extracomunitari coinvolti nell’attività illecita, perlopiù provenienti da Mali, Burkina Faso e Senegal, saranno espulsi. Avevano già ottenuto da varie prefetture italiane il permesso di soggiorno per motivi umanitari nel 2016, ma il documento era scaduto e per ottenere il rinnovo dichiaravano l’ospitalità presso le due abitazioni marchigiane. Il 40enne, in pratica, dichiarava di accogliere queste persone entro 48 ore dal loro arrivo a Jesi o a Monsano, senza però precisare il tempo di permanenza di quei visitatori fittizi. Fin qui tutto regolare.

La verifica da parte dei poliziotti è stata fatta con appostamenti davanti alle abitazioni. Tutto tranquillo, anche troppo. Il viavai inesistente ha creato i primi sospetti. Alcuni extracomunitari che risultavano ospitati in quelle abitazioni sono perfino stati accompagnati in giro per il quartiere. Avrebbero dovuto conoscerlo almeno un po', invece non riconoscevano neppure quella che sulla carta era la loro casa. E' così che i sospetti sono diventati certezza. L’operazione ricalca quella dello scorso luglio che portò alla denuncia di un pakistano e un bengalese per attività analoghe.

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