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Cronaca Falconara Marittima

«Pensavamo che la guerra durasse pochi mesi. E invece sono passati 4 anni»

Parole di Sabina Topuz, originaria di Sarajevo e testimone dell'assedio che per 3 anni ha subito la capitale bosniaca durante la guerra negli anni '90. Il suo ricordo nella serata di Falconara

La guerra in Bosnia, l'assedio di Sarajevo e l'aiuto arrivato dalle Marche, dall'aeroporto Sanzio sede del ponte umanitario. Temi approfonditi ieri sera al Centro Pergoli di Falconara durante la serata dal tema "Falconara / Sarajevo – Storia di due città a 20 anni dalla fine del ponte umanitario". Appuntamento organizzato dall'associazione Futura e dal Comune di Falconara, presente il vicesindaco Clemente Rossi che ha portato il saluto da parte dell'amministrazione comunale, in collaborazione con l'Ordine dei Giornalisti delle Marche.

Quasi un centinaio le persone arrivate al Pergoli per ascoltare le testimonianze di Pierfrancesco Curzi, giornalista autore del libro "In Bosnia" nel quale vengono ripercorsi i luoghi dimenticati delle stragi e della pulizia etnica, di Sabina Topuz, 40 anni oggi residente a Chiaravalle, ieri cittadina di Sarajevo e testimone dell'assedio più lungo della storia moderna. Una narrazione emozionante, quella della Topuz, poco più che 15enne all'inizio del conflitto, fatta di allarmi, granate quotidiane, cecchini nascosti, lutti continui, fame, lotta per la sopravvivenza. «Tutto è iniziato ad aprile – racconta – a una manifestazione davanti alla sede del parlamento. I cecchini serbi, appostati sul tetto dell'Holiday Inn hanno iniziato a sparare sulla folla. Ero lì con i miei amici. Siamo riusciti a rifugiarci dentro il parlamento e poi, a fatica, a tornare a casa. Pensavamo che la guerra durasse pochi mesi. E invece sono passati 4 anni».

Con loro, a parlare del ruolo di Falconara e delle Marche all'interno della Storia, Roberto Oreficini. All'epoca addetto alla Protezione Civile per la Prefettura di Ancona e successivamente, dal 1993, sindaco di Falconara, Oreficini si è occupato in prima persona dell'organizzazione del ponte aereo umanitario. «Falconara – spiega Oreficini - fu scelta perché vicina, con un traffico aeroportuale minore rispetto ad altre situazioni e in grado di non interferire con l'attività del ponte. Furono anni intensi di grande partecipazione. Associazioni, volontariato, persone comuni: ci fu una massiccia attività di raccolta di beni di prima necessità. Successivamente, quando vennero allestiti gli ospedali da campo per accogliere i feriti, gli stessi medici di Torrette e del Salesi si adoperarono al massimo».

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