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Cronaca

Focus immigrazione, Ancona porta d'ingresso e snodo per l'emergenza

Ancona, già porta d'ingresso per i flussi migratori provenienti dal Medio Oriente, oggi è anche una città strategica sotto il profilo geografico per lo smistamento dei profughi in fuga dal Nord Africa che ciclicamente sbarcano sulle coste del Sud Italia

La trasformazione del Paese, da terra di emigrati a terra di immigrati, ha modificato il volto della società. L’Italia, già sprovvista di una vera politica sull’immigrazione, ora si trova nell’occhio di un ciclone rinominato “emergenza sbarchi”. La prima doverosa precisazione da fare é distinguere il flusso di clandestini che ogni tanto tentano di entrare attraverso il porto di Ancona, dalla più recente emergenza del Nord Africa per cui solo pochi giorni fa circa 150 migranti sono sbarcati in Calabria a bordo di un barcone che si è arenato a pochi metri dalla spiaggia. Dunque il capoluogo dorico, già porta d’ingresso per i flussi migratori provenienti dal Medio Oriente, oggi è anche strategico sotto il profilo geografico per lo smistamento dei profughi in fuga dal Nord Africa, riguardo ai quali un numero certo (aggiornato a gennaio 2015) è quello fornito dalla Prefettura di Ancona che conta 313 persone accolte in alloggi. Di questi, 11 sono donne. Solo al centro profughi di Arcevia ci sono 84 uomini. Ma come funziona l’accoglienza di chi tenta di entrare clandestinamente?

LO SBARCO AD ANCONA. Appena i migranti arrivano al porto dorico (come in qualsiasi altro punto di frontiera) vengono bloccati dalla polizia di frontiera, coadiuvata dai mediatori culturali del Gus (Gruppo Umana Solidarietà), la Ong incaricata di gestire le prime accoglienze sul territorio dorico. Poi si passa al foto-segnalamento (impronte digitali) insieme agli aiuti più immediati perché, secondo l’accordo di Dublino, è il primo paese in cui arriva il migrante che se ne deve prendere cura. E allora perché tutti quelli che arrivano ad Ancona dalla Grecia non vengono fermati nella penisola ellenica? Non è un segreto che lì i controlli lascino parecchio a desiderare. Ma soprattutto nessuno vuole essere fermato in Grecia. Si preferisce l’Italia o ancora meglio gli stati del Nord Europa perché considerati più “appetibili”. Tanto che, per alcune persone in fuga, essere fermati sul suolo italiano diventa una sorta di “trappola”. Eppure quì ne vengono accolti tanti. «In realtà siamo uno degli ultimi paesi in Europa per numero di richiedenti asilo - ci spiega Stefania Papa, operatrice sociale dell’associazione SS. Annunziata - Se pensiamo alla sola emergenza Lampedusa, paradossalmente i primi Paesi in cui c’è richiesta di aiuto sono quelli del terzo mondo: la persona che parte dal Burchina Faso o dal Gambia passa vari Stati per arrivare in Libia, dove vengono presentate le prime richieste di protezione e dove ci sono molti campi profughi». E se il numero di clandestini in arrivo dalla Grecia è calato nel corso degli anni, è anche vero che Ancona é diventata centro di snodo per lo smistamento dei profughi in fuga dal Nord Africa. Ogni qual volta arriva un’ondata di immigrati, si mobilitano le varie Prefetture del Paese segnalando al Ministero i posti a disposizione per l’accoglienza sul relativo territorio. Nella provincia dorica, i gruppi vengono smistati aIl’aeroporto di Falconara o alla sede di “Un tetto per tutti”. Solo successivamente vengono inseriti nelle strutture di 1° accoglienza, appartamenti siti a Palombina, Tavernelle, centro e la stessa sede Papa Giovanni Paolo di via Podesti (sede Caritas).

LA COMMISSIONE. Si parla sempre di persone che hanno chiesto ufficialmente asilo politico, cioè che fuggono dal proprio paese perchè hanno serio timore di essere perseguitati per motivi di razza, religione, etnia o gruppo sociale. E tutti dovranno dimostrare di vivere un reale pericolo. Come? Con una richiesta scritta (Modello C3) che passa attraverso la Questura e arriva alla Commissione territoriale di Ancona, formata da 3 membri: Sandra Maiuolo (Alto Commissariato delle Nazioni Unite), un funzionario della Prefettura e un assistente sociale del Comune di Ancona. E’ quella la sede in cui viene valutato ogni caso e dove si decidono le sorti di ogni potenziale profugo. La Commissione può rispondere in 4 modi. Primo, riconoscere l’immigrato come profugo o rifugiato. Secondo, dare accesso alla protezione sussidiaria a colui che non viene riconosciuto rifugiato ma per cui sussistono fondati motivi per ritenere rischioso un eventuale ritorno nel Paese di provenienza. Terzo, non riconoscere il richiedente come rifugiato politico ma suggerire alla Questura di rilasciare un permesso di soggiorno per “motivi umanitari”. Quarto, il diniego della richiesta, a cui il migrante può fare ricorso tramite un avvocato. Per arrivare alla commissione ci possono volere mesi. E mentre gli educatori si spendono per assistere queste persone, c’è chi fugge alla prima occasione. Ma c’è anche chi decide di affrontare regolarmente la Commissione. «E’ una fase di assestamento - spiega Stafania Papa - Il migrante si riprende e il minimo che gli può capitare è di sentirti in colpa per aver lasciato a casa moglie e figli o per aver visto morire un compagno di viaggio. Noi abbiamo la metà delle nostre donne che stanno male perchè ributtano fuori quello che hanno vissuto. Storie di violenza per cui il primo passo è far riconquistare loro la fiducia verso il prossimo».

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