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Il piemontese e il siciliano che salvarono Ancona dal blitz: l'impresa di Carlo e Giuseppe

Le sorti della I guerra mondiale si decisero anche nel capoluogo con un gesto di eroismo che la storia ha scoperto in tempi recenti. La Guardia di Finanza lo ricorda in una mostra

Le sorti della prima guerra mondiale si decisero anche ad Ancona con un gesto di eroismo che la storia ha scoperto solo in tempi recenti e che la Guardia di Finanza ha deciso di raccontare in una mostra alla Mole, curata dal luogotenente Giuseppe Morgese, fino al prossimo 6 maggio. 

Il fatto di Ancona 

Notte tra il 5 e il 6 aprile del 1918, ultimo anno della Grande Guerra. L’Italia si lustrava ancora gli occhi per l’impresa di due mesi prima firmata da Gabriele D’Annunzio e Luigi Rizzo, il comandante dei M.A.S (motosiluranti piccoli e veloci che facevano base proprio al Mandracchio) che con un’incursione nella baia croata di Buccari, roccaforte della marina austro ungarica, avevano lasciato dei volantini in bottiglia indirizzati al nemico con un messaggio beffardo “In onta alla cautissima flotta austriaca”. Quella notte in servizio di guardia alla Mole, allora destinata a deposito di zucchero, c’erano due giovanissimi finanzieri. Poco prima di mezzanotte Carlo Grassi, 19enne di Novara e Giuseppe Maganuco, 23enne siciliano di Gela, udirono i passi di un plotone che si avvicinava all’ingresso principale. Difronte a loro si materializzarono 62 marinai con divise simili a quelle della Regia Marina. «Chi siete e Cosa Volete?» Chiese Maganuco. «Siamo 62 marinai e dobbiamo andare ai motoscafi» rispose un membro del drappello. Non era vero. Quelli erano marinai austriaci sbarcati per errore a Marzocca (il piano prevedeva lo sbarco a Torrette) e avevano pernottato in una casa colonica di Barcaglione sequestrando il nucleo che la abitava per poi pagare il disturbo in denaro, firmare una liberatoria che salvasse la famiglia dall’accusa di spionaggio e riprendere il cammino verso il capoluogo. La loro missione era quella di impossessarsi dei M.A.S, silurare i sommergibili ormeggiati in porto e scappare via mare verso la Croazia. A ingannare i finanzieri fu uno degli irredentisti triestini che parlava un perfetto italiano. La cronaca dei fatti e i dialoghi di quella notte risultano da diverse fonti, tra cui la relazione dello stesso comandante Rizzo chiamato a giustificarsi sulle misure a protezione dei M.A.S. Le sentinelle insospettite dall’orario insolito, negarono inizialmente l’ingresso: «Di qui non si può passare» disse Maganuco per poi lasciar passare il plotone sorvegliandolo però dal marciaronda, il corridoio scoperto superiore. Gli incursori non riuscirono a mettere in moto i M.A.S. e uno di loro, sentendosi ormai scoperto dalle due guardie, risalì uno scivolo usato per caricare le imbarcazioni, raggiunse Grassi pugnalandolo a una scapola. Maganuco aprì il fuoco con il suo moschetto riuscendo poi a posizionarsi in una strettoia che chiudeva la via di fuga al nemico, portandosi dietro il compagno ferito. Da quella posizione bersagliò gli austriaci senza colpirli a causa dell’oscurità ma facendo loro credere di non essere solo. I nemici si arresero e buttarono a mare l’esplosivo, poi vennero catturati dai carabinieri in servizio agli Archi e da altri soldati richiamati dal frastuono. In ospedale Grassi fu decorato da Re Vittorio Emanuele III con la Medagli d’Argento al Valore Militare, riconoscimento che arriverà qualche tempo dopo per Maganuco. A entrambi oggi è intitolata la sede del Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza e quello che la storia ricorda come “Il fatto di Ancona” fece da preludio, due mesi dopo, alla più nota azione dei M.A.S anconetani: l’affondamento della corazzata austro-ungarica “Santo Stefano” a largo della Dalmazia.

«Era il nostro nonno»

All’inaugurazione della mostra erano presenti due dei tre nipoti di Carlo Grassi, Antonella e Giancarlo Ferrari: «Noi lo ricordiamo come il nostro nonno- racconta Antonella- abbiamo vissuto tutto dai racconti di mia madre, che era sua figlia ed è scomparsa proprio il 5 aprile. La sua storia ci veniva raccontata in modo fiabesco con il giornale del tempo fatto a fumetti». 

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