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Cronaca

Speleologo americano salvato in Turchia: nella task force anche cinque marchigiani

Si è conclusa positivamente l'operazione di recupero di Mark Dickey, intrappolato a 1000 metri di profondità nella grotta Morca, grazie all'apporto di un "rescue team" formato da esperti provenienti da diverse nazioni

Si è avvalsa del contributo di cinque speleologi marchigiani, specializzati in tecniche di soccorso in grotta del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, la squadra che ha completato in Turchia delle più grandi e complesse operazioni di salvataggio sotterraneo mai organizzate. Una vera e proprio task force internazionale, formata da 200 specialisti tra cui con otto volontari italiani, quella che è riuscita nell’impresa di trarre in salvo Mark Dickey, speleologo statunitense precipitato ad oltre un chilometro di profondità, mentre esplorava la grotta Morca di Anamur, nella Turchia meridionale, che nel suo punto più basso raggiunge una concavità di 1300 metri.

Dickey, esperto e conosciuto in ambito internazionale, con formazione medica nonché a sua volta soccorritore, è stato colpito da un’emorragia gastrica faceva parte di una spedizione scientifica composta da un gruppo di altri 13 esploratori. Ha iniziato a sentirsi male nelle prime ore di domenica 3 settembre, ma nonostante l’immediata richiesta di aiuto fatta pervenire alle autorità locali, il suo recupero è stato reso estremamente complicato dalla particolare morfologia della grotta e dalla profondità della sua posizione, nelle viscere della terra, con l’impossibilità di avere un quadro clinico dello speleologo in tempo reale.

L’intervento si è concluso positivamente grazie alle trasfusioni di plasma e siero che sono state somministrate a Dickey dalla squadra che è riuscita a raggiungerlo, dopo diverse ore impiegate per passare attraverso pozzi di risalita e cunicoli strettissimi. Successivamente, una volta stabilizzate le sue condizioni, il quarantenne americano è stato legato ad una barella issata verticalmente con una corda, con alcune soste effettuate a profondità intermedie (-700 metri, -500 ed infine -250) al fine di monitorare il suo stato di salute e proseguire nella risalita. Dopo circa 500 ore passate all’interno della grotta Morca, lo speleologo è riuscito a rivedere la luce del giorno: gode nel complesso di buona salute e continua ad essere nutrito con liquidi. A risultare determinante nell’operazione di salvataggio, la prontezza dei soccorsi e l’esperienza del “rescue team” formato da tanti esploratori provenienti da diverse nazioni.

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