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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Alla ricerca di certezze e meritocrazia, la carica degli anconetani all'estero

Si è parlato tanto di fuga di cervelli in Italia e la provincia di Ancona di cervelli ne ha persi tanti. Noi abbiamo raccolto solo alcune delle tantissime storie di persone "costrette" ad emigrare

FRANCESCA E MARCELLO. Aveva raggiunto il suo obiettivo laureandosi in Ingegneria Edile e Architettura ad Ancona, lo stesso corso di laurea in cui di lì a due anni si sarebbe laureato il suo fidanzato. In quel lasso di tempo ha lavorato per una ditta di Ancona a partita Iva a 1.100 euro lorde al mese, tenendo conto che i clienti erano pubbliche amministrazioni, i cui pagamenti non sono sempre puntuali. «Mi occupavo di calcoli strutturali per il terremoto in Emilia Romagna e Abruzzo ma non facevo quello per cui avevo studiato, volevo entrare nel campo dell’architettura ma facevo la strutturista e quando mi pagavano prendevo cifre ridicole per il monte ore» ha raccontato Francesca Marini, 32enne anconetana oggi responsabile progetti in uno studio di architettura a Stoccolma. «A luglio 2015 si è laureato anche Marcello e gli ho proposto di lasciar perdere la gavetta già intrapresa da me e mettere un punto, andare via dall’Italia. E così siamo partiti». Marcello Mobili non ha mai dovuto vivere di lavoro in Italia ma le paure di Francesca, cioè precariato e Francesca Marini e Marcello Mobili2-2futuro incerto, erano anche le sue: «Qui in Svezia in 2 mesi ho fatto un primo colloquio e mi hanno assunto, il cursus lavorativo è standardizzato per cui, a meno di cose gravi, fai una pratica, poi passi agli step successivi, un contratto e un aumento di stipendio mentre in Italia puoi lavorare a partita Iva a a vita». Per non parlare della soddisfazione a livello personale di chi, da italiano, viene apprezzato più di altri per la propria preparazione accademica perchè «per loro sei una risorsa che porta business e su cui investire» ha ribadito Marcello. Nel Nord Europa le differenze culturali ci sono ma ci si abitua. «Quello a cui non ci si abitua mai è la lontanza dagli amici e la famiglia, ma perché dovrei tornare? - ha detto Francesca - Oggi ho un lavoro fisso, sono responsabile dei miei progetti e sono apprezzata per quello che faccio. Anzi ringrazio il ministro del Lavoro Poletti per quella frase su "certi italiani che è bene non avere tra i piedi" perché è un’ulteriore conferma di quanto abbiamo fatto bene a sceglier di andare via dall’Italia».

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