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Cronaca

L'idea del bilancio consolidato: intervista ad Andrea Granata

Ad Ancona, come in molte parti d'Italia, la gestione delle società partecipate è un problema. Ma perché? Come si può risolvere alla radice il depauperamento dei soldi pubblici? Ce lo spiega Andrea Granata

Ad Ancona lo spauracchio della votazione del bilancio comunale di previsione è superato, ma la crisi non è certo venuta meno. Se da una parte le aziende municipalizzate restano in perdita e vanno trovati questi 700 mila euro per la Fondazione “Le Città Del Teatro – Teatro Stabile delle Marche”, dall’altra c’è la crisi politica che ha visto le dimissioni di due assessori: Stefano Dellabella (udc) e Marina Maurizi (Psi). Tutto perché, prima del voto in Consiglio, i revisori della Corte dei Conti avevano avanzato molte criticità: su tutte le perdite dello stabile.

Il dissesto sembrerebbe lontano ma come è possibile che anche il Comune di Ancona (come molti altri) abbia dovuto fare i conti, è proprio il caso di dirlo, con le passività delle sue aziende private, fino ad arrivare ad una bocciatura dei revisori? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Granata, avvocato e membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani, che, in merito alla gestione dei bilanci delle partecipate, ha avanzato la sua proposta del bilancio consolidato, una nuova forma di bilancio già adottata al Comune di Milano su proposta del consigliere Marco Cappato.

Qual è il problema di Ancona in questo momento?

“Il problema di Ancona è un problema che sarà sempre più diffuso presso gli enti locali italiani, si tratta di una cattiva prassi molto in voga presso comuni e province che approfitta di una zona d’ombra esistente in quella che è la legislazione italiana. Mi spiego meglio: nel 2002, in seguito a continue censure da parte della Comunità Europea che riteneva il sistema delle aziende municipalizzate in contrasto con il diritto comunitario, soprattutto con le norme sulla concorrenza, in Italia si avviò un processo di liberalizzazione dei servizi pubblici, il cui primo passo fu la privatizzazione formale. In sostanza le aziende municipalizzate furono “mandate in pensione” in favore di società formalmente private, quindi Srl o Spa, nel caso anconetano anche la forma della fondazione, invece prevista per i servizi pubblici non di rilevanza economica,  come è per il Teatro Stabile delle Marche. Quello che doveva essere un primo passo verso un compiuto sistema di liberalizzazioni si è concretizzato in un vero e proprio imbroglio che la politica locale consuma in danno ai propri cittadini e il caso Parma è emblematico: abbiamo un comune che ha un bilancio proprio e delle aziende che, grazie a questa privatizzazione formale, hanno una personalità giuridica e conseguentemente un  bilancio distinto dal comune, questo fa si che un comune possa avere, rispetto ai suoi conti, una situazione formalmente sana e invece, rispetto alle aziende, delle situazioni disastrose.

Le società di servizio pubblico sono per definizione società in perdita ma quanto possono andare avanti così?

“Non tutti i servizi pubblici locali sono necessariamente in perdita, vi sono alcuni settori come quelli energetici che spesso generano importanti utili, viceversa il trasporto pubblico locale è un settore fisiologicamente in perdita ed per questo destinatario di sussidi. A tal proposito non fa eccezione il caso di società come Conerobus che ha accumulato negli anni ingenti deficit, tali perdite possono ripetersi per anni, fino a quando non raggiungano ad una perdita pari ad un terzo del capitale facendo scattare come previsto dal codice civile l’obbligo di ricapitolazione della società cui il Comune il proprietario delle quote deve provvedere lui e deve farlo con fondi propri, cioè dei cittadini. Stesso discorso vale per la fondazione. Per cui di colpo, un Comune che può avere una situazione finanziaria tutto sommato tranquilla si vede piombare nelle situazioni che determinano difficoltà che portano all’aumento dell’imu. O anche più gravi: ci sono Comuni che sono costretti a svendere beni o nei casi più gravi possono condurre alla dichiarazione di dissento dell’ente locale.”

Quindi è un problema di mala gestione ma il Comune non dovrebbe vigilare?

“E’ evidente che fino a quando non ci sarà un sistema grazie al quale la responsabilità delle aziende sia direttamente imputabile all’amministratore locale, che è colui che sceglie e revoca gli amministratori di quelle società, queste saranno una sorta di società off shore nel quale il Comune farà tutto ciò che in termini di politica clienterale non potrà più fare dentro l’ente locale. Si tratta in definitiva di un enorme conflitto di interessi, di cui molti colpevolmente fingono di non accorgersi, grazie al quale il medesimo soggetto pubblico somma in se i ruoli di controllore e gestore”

Se è necessario far tornare i conti in mano alla politica per avere più trasparenza e per creare una responsabilità politica che oggi non c’è, quale mezzo adottare?

“Noi come radicali e io personalmente  sono stato promotore nell’ultimo Congresso di Radicali Italiani di una battaglia che oggi è tale a livello nazionale: l’obbligo per le istituzioni del bilancio consolidato. Che cos’è questo bilancio? Se è vero, come è vero, che gli enti locali hanno bilanci distinti dalle società municipalizzate, con il bilancio consolidato queste partecipazioni del Comune (perdite e utili) vanno a formare il risultato del bilanci del Comune. Se il teatro delle Muse ha una perdita di 100 mila euro all’anno, quelle somme determineranno il risultato algebrico del bilancio del Comune di Ancona. Col bilancio consolidato i risultati delle gestioni dei privati entrano nel Comune, oggi non è così perché quei risultati entrano nel bilancio comunale solo quando arrivano ad una situazione patologica, mettendo in grave pericolo l’assetto finanziario del comune.

Tra l’altro oggi il cittadino percepisce quelle perdite come altro rispetto alla cosa pubblica, quando non è vero. Giusto?

“Quei conti delle società e delle fondazioni altro non sono che debiti e crediti del Comune di Ancona e per una azione di trasparenza, intento il cittadino è in grado di valutare come queste società sono gestite, abbiamo la possibilità di valutare in maniera effettiva la bontà delle scelte che sono state fatte dagli enti locali rispetto a chi va ad amministrare quelle società. Soprattutto non abbiamo sorprese di nessun genere, faccio un esempio: se io fossi un investitore straniero che vuole investire ad Ancona e vado a leggere il suo bilancio, vedo che tutto sommato ha delle condizioni accettabili per cui io investo nel settore immobiliare, poi mi entra il disastro delle partecipate che sono in uno stato pre-fallimentare, io di colpo mi trovo ad avere un bilancio completamente diverso, magari non ho investito in un’altra città perché Ancona ha una imu più bassa e di colpo mi trovo l’imu raddoppiata a causa di tutto questo.”

La Regione ha dato il via libera per una fusione delle fondazione dei teatri fino ad una fondazione unica. E l’assessore regionale Marcolini ha proposto di elargire 1 milione di euro per la nuova fondazione. Cosa ne pensa?

“Queste sono le soluzione dell’esistente, diciamo che c’è una tendenza caldeggiata da parte della Corte dei Conti verso questo tipo di economie. Il discorso degli accorpamenti può essere condivisibile, a patto che non sia una soluzione tampone perché se non si collega il risultato con la responsabilità della gestione, questi organismi saranno inevitabilmente la sede in cui, tutto ciò che all’ente locale è reso più difficile in termini di gestione clientelare del potere, potrà essere realizzato agevolmente. In conclusione per un’esatta comprensione del problema è necessario ricordare che, come ribadito recentemente dalla Corte Costituzionale, le aziende speciali che gestiscono i servizi pubblici locali non sono sottoposte ai vincoli del patto di stabilità nazionale che al contrario sta letteralmente strangolando gli enti locali.”
 

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