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Cronaca

Marche: scatta la protesta dei patronati, iniziative anche ad Ancona

Contro i tagli delle risorse contenuti nella legge di Stabilità, scatta la protesta dei patronati, impegnati nel garantire assistenza previdenziale e socio-assistenziale. A rischio oltre 6000 posti di lavoro. Presidi e raccolta firme anche ad Ancona

Contro i tagli delle risorse contenuti nella legge di Stabilità, protestano i patronati, impegnati nel garantire assistenza  previdenziale e socio-assistenziale. Avviata dal Coordinamento Cepa, che raggruppa i principali patronati Acli, Inas, Inca e Ital, la protesta sfocerà  domani sabato 15 novembre nella giornata nazionale di mobilitazione con Presidi e petizioni per la raccolta di firme, in tutte le province d’Italia.

Nelle Marche, sabato 15, sette sono le piazze interessate da presidi e raccolta di firme. Sono Ancona, in piazza Cavour dalle 9 alle 12, Civitanova, dalle 9 alle 12 a C.so Umberto I, Ascoli Piceno, dalle 9 alle 12 in via Cino del Duca, Fermo, in piazza del Popolo dalle 9 alle 12, a Pesaro in piazza del Popolo dalle 9 alle 12, a Urbino, in Piazza della Repubblica dalle 9 alle 12 e Fano, in c.so Matteotti dalle 9 alle 12. I patronati sostengono che la sottrazione di risorse al fondo, se approvata così com’è, si tradurrebbe in un’altra tassa occulta ai danni dei cittadini e delle fasce più deboli della popolazione, che si vedranno costrette a rivolgersi al mercato selvaggio di consulenti che molto spesso operano senza alcun controllo e regole, pagando per ricevere servizi fino ad ora erogati gratuitamente.

Se la legge di stabilità dovesse mantenere i tagli previsti, il sistema patronati si vedrebbe costretto a ridurre drasticamente il numero dei propri dipendenti, con un taglio di oltre 6.000 posti di lavoro.
Va infine sottolineato che il fondo patronati è finanziato dai contributi previdenziali di tutti i lavoratori e non dalla fiscalità generale. Così mentre i lavoratori e le lavoratrici dipendenti continueranno a pagare integralmente i contributi previdenziali all'Inps, lo Stato incamererà la quota oggi destinata alla tutela gratuita per destinarla ad altri scopi non precisati, con il rischio di un fondato vizio di costituzionalità dei tagli previsti.

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