rotate-mobile
Psicologia della notizia

Psicologia della notizia

A cura di Istituto Europeo di Psicologia ed Ergonomia (IPSE) di Ancona

Lavoro: quando e perchè bisogna cambiarlo

In questi anni si parla soprattutto di chi è alla ricerca di un lavoro perché disoccupato ma capita sempre più spesso di persone che hanno già un’occupazione ma, per diversi motivi, decidono di cambiarla. Alcune ricerche parlano che in Italia ogni anno più di 1,5 milioni d’individui scelgono volontariamente di cambiare lavoro, portando un incremento medio del 10% del proprio stipendio (Gruppo Technical Hunters). Tra i motivi principali di tale scelta possiamo identificare: l’aver ricevuto un’offerta di lavoro più remunerativa; ricercare una posizione di lavoro più prestigiosa, magari in un’azienda multinazionale; aumentare le proprie responsabilità; uscire dalla noia del proprio lavoro e aver voglia di cambiare mansione, ufficio, città o addirittura continente; aumentare le proprie competenze; iniziare da zero con una nuova sfida, magari un nuovo lavoro che non si era mai fatto prima come ad esempio la libera professione o aprire un’attività imprenditoriale; “cambiare aria” prima di una crisi aziendale imminente. Ovviamente la scelta di cambiare lavoro matura per una somma di più fattori o situazioni sopraelencate. Prendere una decisione quando si presenta solo una di queste alternative potrebbe risultare rischioso e molto azzardato. Decidere di abbandonare il proprio lavoro non è facile perché entrano in gioco sia una parte più razionale legata allo stipendio, alla logistica, alla vicinanza da casa e, in generale, alla carriera ad una più emotiva legata alle relazioni con i colleghi, alla sicurezza derivata dalla routine del proprio lavoro, al sentirsi apprezzati dai propri superiori o lasciarsi alle spalle un capo o un collega insostenibile, in poche parole, tutto ciò che riguarda il benessere psichico della persona per evitare situazioni frustranti. Che cosa fare quando si vuole cambiare lavoro? Qui di seguito v’illustro alcune domande fondamentali per affrontare questa scelta.

Prima di tutto bisogna chiedersi: Che cosa so fare?

In concreto significa prendere consapevolezza sulle competenze possedute, cioè le modalità con cui si manifestano le qualità professionali e personali di un individuo, in poche parole, le conoscenze, capacità, attitudini e caratteristiche di personalità messe in atto nei diversi contesti e situazioni lavorative (Le Boterf, 1994). Molte volte, soprattutto se da molti anni si svolge la stessa mansione o viceversa si sono svolti diversi lavori, non è sempre chiaro quali sono le proprie competenze. Per fare ciò ci viene in aiuto la metodologia del bilancio di competenze che ha lo scopo di avere una visione sia retrospettiva (appunto il che cosa so fare), con l’obiettivo di aumentare la propria consapevolezza, sia una prospettica (che cosa posso fare?).

Ed eccoci quindi alla seconda domanda: Che cosa posso fare?

A questo punto è necessario domandarsi se le competenze acquisite sono richieste nel mercato del lavoro. Lo si può fare oggi soprattutto tramite l’utilizzo di internet e ponendosi questi interrogativi: Quali figure professionali sono più ricercate negli annunci di lavoro? Quali corsi di formazione professionalizzanti o manageriali sono più erogati? In quali zone sono richieste le competenze da me possedute? Insomma, tutte domande che ci aiutano a raccogliere informazioni sul proprio territorio d’interesse (al giorno d’oggi il territorio può far riferimento all’intero pianeta).

Le prime due domande sono alla base della terza domanda: Che cosa farò?

Ora è necessario creare il proprio progetto professionale mettendo insieme le competenze acquisite e le opportunità del mercato del lavoro e aggiungendo i propri interessi e aspirazioni. In questa fase quindi è necessario individuare il proprio obiettivo professionale e conoscere il gap per raggiungerlo, come ad esempio acquisire nuove competenze indispensabili, ad esempio tramite un corso di formazione o uno stage, e mettersi attivamente alla ricerca delle opportunità lavorative o imprenditoriali, ad esempio aggiornando e rendendo efficace il proprio CV, rendersi visibili nei portali di ricerca del lavoro o nelle agenzie per il lavoro e sopratutto utilizzare il proprio network di conoscenze (ancora oggi il 68% dei lavori si trovano attraverso contatti personali e solo il 9% tramite annunci di lavoro). L’intero processo che si attiva al momento in cui si è deciso di cambiare lavoro non è sempre semplice e lineare. Molte volte bisogna rinunciare a qualcosa, come ad esempio a un benefit o a una stabilità maggiore, per un breve periodo o per sempre così da poter raggiungere i propri obiettivi professionali e di benessere personale. Tale situazione a volte spaventa e ci si sente impauriti dal cambiamento. Questo è normalissimo e fa parte della condizione umana. Per questo è necessario il supporto di un esperto nei processi d’orientamento professionale che possa essere di aiuto sia per comprendere se vale la pena cambiare lavoro sia, una volta presa la decisione, durante tutta la difficile transizione che riguarda il passaggio tra un lavoro e un altro.

William Sbacco - Dott. in Psicologia del lavoro e delle organizzazioni / formatore Poliarte e collaboratore di IPSE Ancona Vuoi contattare gli psicologi dell’IPSE? Scrivi a ipse@poliarte.org

Si parla di

Lavoro: quando e perchè bisogna cambiarlo

AnconaToday è in caricamento