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Psicologia della notizia

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A cura di Istituto Europeo di Psicologia ed Ergonomia (IPSE) di Ancona

La dipendenza da serie tv: il binge watching

Una nuova dipendenza si sta diffondendo tra i giovani. Si tratta del Binge Watching: guardare più episodi di una serie televisiva in rapida successione, senza pause. Se fino a pochi anni fa si utilizzava il termine inglese binge (abbuffata) per parlare di Binge Drinking: l’assunzione di una dose eccessiva di alcol in un tempo limitato per perdere il controllo e di Binge Eating: l’ingestione in un breve arco temporale di una quantità di cibo associata alla perdita di controllo, oggi è consueto parlare di Binge Watching: l’abbuffarsi di serie tv. Questo perché anche le forme di dipendenza si sono adattate al mondo odierno, schiavo forse della tecnologia e della realtà virtuale.

Le maratone televisive iniziarono negli anni 70 per le serie cult americane come: Ai confini della realtà e  Star Trek, l'avvento dei cofanetti DVD, due decenni dopo, contribuì alla diffusione del fenomeno, che esplose poi definitivamente dal 2010, con l'affermazione di servizi streaming e piattaforme di video on demand come Netflix, in cui si rendono disponibili serie tv inedite e complete in un solo giorno.

Per farci un’idea di quanto sia diffuso il fenomeno, consideriamo che nel 2014 una statistica indicava che oltre la metà degli utenti di Netflix era solita guardare tra i due e i sei episodi di una serie televisiva consecutivamente. Il desiderio di guardare molta televisione nasce, secondo i ricercatori Kubey e Csikszentmihalyi, da una reazione chimica cerebrale, simile a quella derivata dall'assunzione di sostanze, un'attività neurale che si trasferisce dall'emisfero sinistro a quello destro favorendo il rilascio di endorfine, in grado di rilassare lo spettatore e fargli desiderare di prolungare l’esperienza. Lo stesso tipo di sollievo può venire dall’attività fisica o dalla lettura, ma i tempi di azione in questi casi sono più lunghi.

Uno studio condotto dall'Università del Texas pochi mesi fa analizzando le abitudini televisive di 316 persone tra i 18 e i 29 anni, ha evidenziato come il binge watching sia correlato a depressione, solitudine, incapacità di autogestirsi e obesità e utilizzato, così come avviene per altri tipi di eccessi, per allontanarsi da sensazioni negative. È stato dimostrato che chi trascorre più di quattro ore al giorno davanti alla tv sviluppa sintomi analoghi a quelli presentati da chi abusa di sostanze o da chi è affetto da gioco d’azzardo. Ci sono: craving e sintomi da astinenza, nonché importanti limitazioni nel funzionamento sociale, personale e lavorativo (Kubey & Csikszentmihalyi, 2003). Alcuni disagi tipici sono: deficit attentivi, insonnia, tabagismo, scarsa soddisfazione per la propria vita e il proprio aspetto, basso rendimento, difficoltà a mantenere relazioni e obesità.

La prevenzione attraverso l’informazione è la strategia vincente per evitare l’insorgere di questa abitudine disfunzionale. Il trattamento in psicoterapia, nei casi più gravi, è analogo a quello che si utilizza con le altre dipendenze, si parte dalla gestione del craving, si lavora sull’identificazione e la modificazione delle credenze maladattative, sull’acquisizione di abilità di vita che arrechino soddisfazione tanto e più della tv e sulla modificazione dei modi in cui si guarda a se stessi, agli altri e al mondo. A differenza di droghe, alcol o gioco d’azzardo, è difficile pensare che l’obiettivo della terapia sia l’astinenza, data la natura e la diffusione dello strumento che di per sé può essere utile per trascorrere del tempo libero e informarsi. Si dovrà, quindi puntare molto su un utilizzo del mezzo televisivo critico e non indiscriminato.

Dr.ssa Eleonora Strappato: Psicologa del lavoro e delle organizzazioni, Psicoterapeuta cognitivo-costruttivista in formazione – Psicologa di IPSE Ancona

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