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Insonnia chiama depressione, la psicologa spiega l'ipnotipo: «Ecco quanto bisogna dormire»

La psicologa Marta Brunetti mette in guardia dai rischi dell'insonnia, che può aumentare sensibilmente il rischio di ansia e depressione

I sintomi ansioso-depressivi sono spesso associati a disturbo del sonno, in particolare all'insonnia. La domanda più frequente che viene posta agli psicologi è quale dei due disturbi sia la causa dell'altro. Le ricerche scientifiche ad oggi concordano che ansia, depressione e insonnia si favoriscono tra loro, una persona che soffre di insonnia ha un rischio 3 o 4 volte maggiore di sviluppare un quadro depressivo e ansioso. Nello stesso tempo chi è depresso e ansioso è molto probabile che abbia problemi di sonno.

Le cause

«E' bene ricordare che la causa dell'insonnia è multifattoriale- spiega la psicologa e psicoterapeuta Marta Brunetti- può dipendere da fattori predispondenti (familiarità, stile cognitivo ipervigile) condizioni mediche specifiche (neurologiche, respiratorie, endocrinologiche), da situazioni transitorie particolari (gravidanza, menopausa), da cause psicologiche (disturbi d’ansia e dell’umore, eventi traumatici). Per questo motivo è essenziale un’accurata valutazione diagnostica per scegliere la terapia  medica e/o psicologica più adeguata».

Prevenire l'insonnia

Ma è possibile prevenire l'insonnia? «A tal proposito appare importante conoscere alcuni concetti di base sull'igiene del sonno, che riducono i fattori di rischio ambientali e la cronicizzazione del disturbo- prosegue la Brunetti- si considera transitoria una forma di insonnia che ha una durata di circa una settimana o 10 giorni. Quando invece il problema inizia a persistere probabilmente si è instaurato un disturbo d'insonnia. Sulle condizioni lavorative diversi studi(British Medical Journal), hanno mostrato che i turnisti hanno un rischio aumentato di disturbo del sonno, in particolare i turni notturni generano nel tempo un debito di sonno e uno sfasamento dei ritmi circadiani. L'orario in cui si va a dormire e ci si sveglia deve essere mantenuto abbastanza costante». Attenzione anche al luogo, un ambiente silenzioso, buio e ad una temperatura non troppo alta concilia il sonno. «Evitare nelle ore serali l'esposizione alla luce blu dei cellulare e tablet, che riducono la secrezione di melatonina, l'ormone che ci induce a dormire, Ridurre l'assunzione di alcolici e bevande eccitanti, così come il fumo di sigaretta, che non favorisce un sonno continuo e ristoratore». L'attività fisica costante permette di allentare tensioni e rigenerare il corpo e la mente, se fatta però nelle ore serali può disturbare molto l'addormentamento. Il controllo del peso e il pasto serale con introduzione di carboidrati semplici sono fattori che condizionano positivamente l'andamento della notte. Il sovrappeso e l'obesità si associano a disturbi respiratori durante il sonno. Infine l'identificazione dell'ipnotipo e del cronotipo danno indicazioni preziose sulle caratteristiche del sonno di ciascuna persona e quindi permettono di attuare degli accorgimenti comportamentali che favoriscono il sonno.

Ipnotipo

«Per ipnotipo si intende la necessità di sonno individuale - spiega la psicologa- si distingue il dormitore normale (7/8ore di sonno) il dormitore breve (meno di 6 ore di sonno) e il lungo dormitore (10 ore o più di sonno). Il cronotipo è il rapporto tra orologio interno ed orologio esterno, si parla di cronotipo normale, quando si ha necessità di riposare negli orari canonici (23h/7h); di cronotipo gufo, qualora si rimane più sveglio la sera e si fatica la mattina, di cronotipo allodola quando il bisogno di dormire inizia presto la sera e al mattino  si è particolarmente produttivi. Quindi per un dormitore breve gufo, ad esempio, non è consigliabile andare al letto presto con la speranza di dormire 9 ore. Tutte queste informazioni possono essere utili per avvicinarsi al sonno in maniera diversa e consapevole. In certi casi è sufficiente modificare alcuni stili di vita e di approccio alla notte per migliorare la qualità del proprio sonno, in altri casi occorre anche l'aiuto di uno specialista psicoterapeuta e/o medico». 

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