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Aree a rischio crollo, spazi angusti e mancanza di fondi: i consiglieri entrano nel carcere di Montacuto

Una delegazione composta dai capigruppo e dal presidente del Consiglio comunale questa mattina ha effettuato un sopralluogo nella Casa Circondariale di Montacuto

ANCONA- Alcune aree esterne dell’edificio sono recintate ed interdette per il pericolo di crolli, all’interno gli spazi sono angusti e poco confortevoli. Sono solo alcune delle criticità evidenziate da una delegazione di consiglieri comunali che questa mattina hanno visitato la Casa Circondariale di Montacuto. La richiesta di poter entrare in carcere per verificare le condizioni della struttura e, più in generale, la situazione dei detenuti, è stata avanzata dal capogruppo di Altra Idea di Città, Francesco Rubini, e dal capogruppo di Ancona Diamoci del Noi, Carlo Maria Pesaresi. Con loro il presidente del Consiglio comunale Simone Pizzi, i capigruppo Susanna Dini (Pd), Francesco Andreani (Ripartiamo dai Giovani) e Tommaso Fagioli (Azione) accompagnati dalla direttrice del Carcere, Manuela Ceresani, e dal Comandante della Polizia Penitenziaria, Nicola De Filippis. «È un’iniziativa che ho fatto anche nelle passate consiliature e, alla luce degli ultimi avvenimenti accaduti a Montacuto, ci è sembrato opportuno, seppur consapevoli dei limitati poteri ispettivi e di controllo dei consiglieri comunali, coinvolgere anche l’amministrazione comunale in quanto il carcere si trova ad Ancona- spiega Rubini-. Di fronte ai suicidi avvenuti negli ultimi mesi non potevamo fare finta di niente». La delegazione di consiglieri ha ispezionato tutte le ali del carcere- la cucina, le aule delle attività, gli spazi esterni- ed ha constatato la presenza di numerose problematiche. «Le criticità sono note ma l’impatto è notevole, non sembra il carcere di un paese civile. La situazione è molto complicata. Lo stato di conservazione dell’esterno dell’edificio è gravemente carente, l’ingresso è recintato perché c’è il rischio che cadano dei mattoni. All’interno gli arredamenti e le dotazioni sono vetusti, la manutenzione arcaica- riferisce Rubini -. Acqua calda e riscaldamenti sono garantiti a singhiozzo, mancano lenzuola, materassi degni e cuscini».

Oltre alla necessità di manutenzione della struttura esterna, l’ultima risale all’87, altre criticità riguardano la carenza di personale e soprattutto la mancanza di fondi. «Ci sono 120 agenti su una pianta organica necessaria di 176. Questo non consente di garantire tutti i servizi- prosegue il capogruppo di Altra Idea di Città-. Ad esempio, spesso, per assenza di personale, saltano gli accompagnamenti negli ospedali per le visite mediche specialistiche. Le attività sono quasi assenti, salvo un’ora di palestra a settimana, 2 ore nel campo da calcio e poco altro garantito dai volontari. Tutto il resto del tempo si rimane in cella o nei corridoi a non fare nulla. Mancano i fondi per qualsiasi cosa. Ciò determina un disagio psicofisico notevole per i detenuti che, oltretutto, lamentano episodi di violenza, uso indiscriminato di psicofarmaci, tentativi di suicidio e fatti di autolesionismo. Senza attività trattamentali è impossibile rieducare il condannato, aumenta il rischio di criminalità dopo la scarcerazione con conseguenze negative per l’intero sistema».  Terminato il sopralluogo Rubini ha annunciato azioni per «riconsegnare un minimo di dignità a questi esseri umani. Vogliamo verificare se è possibile istituire una sorta di garante comunale per i detenuti o una commissione permanetene e capire con i servizi sociali, quali possono essere i progetti dove può investire il Comune per provare a migliorare la situazione dei detenuti. Dal punto di vista politico, gli assessori competenti dovranno far sentire la loro voce con chi di dovere per sollecitare l'arrivo dei fondi».

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